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Erba artificiale, il dibattito fra tecnologia e tradizione

Quali e quanti vantaggi derivano da questa soluzione?

L’utilizzo dell’erba artificiale nello sport e nel calcio non è una novità. Fin dagli anni ’70, con il debutto del modello Astroturf, i campi di football americano e calcio degli Stati Uniti avevano iniziato a coprirsi di fili verdi artificiali, rimanendo una costante per alcuni stadi NFL fino al giorno d’oggi, e caratterizzando in particolare la vecchia NASL del calcio, proseguendo con alti e bassi nei decenni successivi. In quello che è un vero e proprio scontro fra tradizione e tecnologia, si è inserito di recente il caso svedese, dove i campi in sintetico si stanno diffondendo così velocemente che la massima divisione locale è diventata un campionato giocato su due superfici.

La rivista inglese di calcio e cultura “When Saturday Comes”, ha delineato un quadro della situazione attuale con un focus sulla Svezia (sul n. 345/novembre 2015, in un articolo firmato da Mikael Engqvist), mentre in Italia il dibattito iniziale, piuttosto vivo, sembra ora essere stato messo in secondo piano.

Quando, il 5 luglio 2015, il BK Hacken ha inaugurato il suo nuovo stadio a Göteborg, la Bravida Arena, ha anche tirato una riga di separazione rispetto al passato. L’Hacken è diventato il nono club dei 16 militanti nell’Allsvenskan, la massima divisione svedese, ad avere un campo da gioco in erba artificiale. Solo 111 gare delle 240 totali di questa stagione vengono giocate su un manto naturale, un rapporto impensabile fino a dieci anni fa. Circa la stessa proporzione si ritrova in Norvegia, mentre l’erba naturale la fa ancora da padrona in Danimarca, Islanda e Finlandia.

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Il dibattito sull’uso dei terreni artificiali in Svezia è andato avanti per molto tempo in passato, ma non era mai salito così alla ribalta, e i vantaggi a queste latitudini sono perfino ovvi. L’economia dei club, per non dire delle comunità collegate a essi, viene rilanciata da minori costi di gestione e aumento del tasso di utilizzo: più squadre possono condividere un solo impianto che, a sua volta, può ospitare molteplici tipologie di evento. Un esempio perfetto è la nuova Tele2 Arena di Stoccolma, casa di Djurgarden e Hammarby, ma anche sede di altri eventi sportivi e concerti. Un ulteriore vantaggio indiscutibile è che la preparazione pre-campionato delle squadre può spostarsi da terreni di gioco di diverse qualità e tenuta, come accadeva in passato, al tipo specifico di campi che sarà effettivamente ritrovato durante la stagione ufficiale.

I sostenitori dell’erba artificiale puntano, inoltre, sul fatto che questi terreni permettano un gioco più veloce e più tecnico, con un aumento della qualità generale dei campionati e un maggiore livello d’intrattenimento per i tifosi. Nanne Bergstand, allenatore dell’Hammarby, ha portato proprio queste tematiche a una recente riunione della lega: «I campi artificiali sono la scelta migliore per la Svezia. Il ritmo di gioco è il nostro problema principale ed è ben visibile quando i nostri club giocano in Europa. Se vogliamo sviluppare un gioco più offensivo palla a terra, questo tipo di campi ci darà indubbiamente un vantaggio».

Ma c’è anche chi non è d’accordo. I dirigenti dell’Helsingborg, uno dei club che si schierano a favore della tradizione, l’hanno dimostrato in modo piuttosto plateale portando sacchi di semi di erba naturale ai delegati delle società che hanno già scelto i manti artificiali: una provocazione, ma in proporzioni che riassumono bene il livello di muro-contro-muro raggiunto.

È difficile ignorare del tutto i vantaggi pratici ed economici dei terreni artificiali, ma il vero punto della questione è quanto influiscano sulle prestazioni delle squadre svedesi nelle coppe europee. Potrebbe rivelarsi il risultato opposto, cioé formare giocatori troppo abituati all’erba artificiale che faticano ad adattarsi nei campionati esteri, e quindi a emergere anche nell’ottica della Nazionale? Nel lungo periodo ciò avrebbe un impatto negativo sui bilanci dei singoli club, andando ad annullare del tutto i vantaggi inizialmente ottenuti dai minori costi di gestione.

Molti dei giocatori migliori del campionato svedese hanno criticato l’erba artificiale, come il capitano dell’IFK Gothenburg, Mattias Bjarsmyr: «I campi artificiali non sono il futuro. Molti club vogliono fare meglio in campo europeo, ma allo stesso tempo celebrano l’utilizzo dell’erba sintetica: è un controsenso». E l’opinione di David Elm, oggi al Kalmar e con un passato al Fulham, se possibile è ancor più decisa. Nella sua rubrica per il quotidiano Barometerm, Elm suggerisce che l’Allsvenskan venga divisa in due leghe separate, in base alla tipologia di erba utilizzata: «Molti di noi, dopo aver giocato alla Tele2 Arena, si sono trovati d’accordo sul fatto che quell’esperienza avesse poco a che fare con il calcio. O, quantomeno, non con il calcio a cui siamo abituati ogni giorno, dove pressing e tackle scivolati sono nella natura del gioco. Nulla di tutto questo avviene su un campo in erba artificiale. A parte qualche duello aereo, il resto è tutto diverso».

Un sempre crescente numero di persone, in Svezia, chiede alla Lega una presa di posizione decisa. Elena Lovholm, giornalista sportiva sulla tv svedese, ha scritto sul suo blog a proposito delle squadre giovanili che non hanno mai giocato sull’erba naturale: «Cosa succederà quando gli attuali 12-13enni saranno pronti per l’Allsvenskan? I campi artificiali saranno un’abitudine?». Al momento mancano quattro turni alla fine della stagione e cinque squadre sono in corsa per il titolo(*): tre giocano su erba naturale (IFK Gothenburg, AIK e Malmo) e due su terreno sintetico (IFK Norrkoping ed Elfsborg). Analizzando i risultati di queste squadre non si nota uno schema preciso, e negli scontri diretti c’è la solita alternanza di vittorie, pareggi o sconfitte. In conclusione, quindi, i club che giocano su erba naturale sono preparati alle possibili differenze e sembrano essere in grado di modificare le loro tattiche e lo stile di gioco in base alla superficie.

Quanto viene utilizzata l’erba artificiale nel calcio italiano?

Il dibattito su erba naturale o artificiale in Italia, al momento, è stato relativamente messo da parte. Dopo il clamore iniziale nel corso del 2011, quando il Dino Manuzzi di Cesena diventò il primo stadio italiano con campo in erba sintetica, l’ingresso della nuova tecnologia è stato più lento di quanto si pensasse (o si temesse, a seconda dei punti di vista). I campi in sintetico sono ormai la regola nelle scuole calcio di molte città, e qui si potrebbe tornare al quesito della Lovholm, affrontandolo dal lato opposto: per i bambini e ragazzini attuali è davvero “tecnicamente” positivo e formativo imparare a giocare a calcio solo sul sintetico (con rimbalzi sempre ottimali e gesti tecnici più semplici da imparare, ma meno allenanti)?

Abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche opinione informale con un paio di calciatori di Serie A, che hanno confermato quanto un campo in erba sintetica tenda effettivamente a modificare il gioco ed eliminare tackle scivolati e contrasti. Per certi aspetti, questo deriva anche da una diversa impostazione tattica delle squadre (lo stesso rimbalzo del pallone è diverso, anche se più “regolare”) ma c’è anche una forte componente soggettiva e decisionale, dove banalmente «a entrare in scivolata sull’erba sintetica ci si fa molto più male che sull’erba naturale, e spesso è meglio evitarlo adattando il proprio stile di gioco». Per non parlare di un maggiore rischio di infortuni procurato dalla durezza della superficie e dal suo logoramento nel tempo.

In questa direzione, a livello professionistico, va letta la diffusione della nuova tecnologia ibrida Mixto System: un terreno in erba naturale rinforzato, e favorito nella crescita dalla presenza di una matrice in erba sintetica. Ha un fondo più protettivo che evita il rischio di strappi o sollevamento di zolle, ha un miglior effetto drenante ed è più vicino alla tradizione dell’erba “vera”, quindi, senza creare grosse differenze rispetto a quello 100% naturale.

Già installato, fra gli altri, a Sassuolo, San Siro, e di recente al Bernabéu di Madrid, il terreno misto è probabilmente il miglior compromesso fra tradizione e tecnologia. Posto che, se i professionisti possono adattarsi a situazioni diverse da una domenica all’altra, il problema del tipo di erba resta molto più rilevante nei campi delle scuole calcio, dove c’è il rischio che si crescano nuovi piccoli calciatori abituati a una sola (e più comoda) superficie.

(*) al momento della pubblicazione di questo articolo, il campionato svedese Allsvenskan 2015 è terminato con la vittoria del Norrkoping

Cover image: photo by H. Hach from Pixabay

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